Intervista a Maria Luisa Stopponi

SOTTO I GIARDINI DELL’ARCO D’AUGUSTO

*L’incontro con Maria Luisa Stoppioni, nota archeologa, già direttrice del Museo della Regina di Cattolica, autrice di saggi fondamentali sulla storia delle fornaci romane e sulla monetazione antica nella nostra regione, ma soprattutto attivamente presente, dagli anni ’80, in numerosissimi scavi, ci permette di approfondire alcuni temi riguardanti l’area dell’Arco d’Augusto.

*Molte le trasformazioni subite dall’area nel corso dei decenni, a partire dall’ isolamento del monumento nel 1938, alle successive funzioni come ’ spartitraffico’, alle diverse soluzioni ‘verdi’ di arredo urbano e di utilizzo degli spazi circostanti (per un trentennio ad uso parcheggio) negli anni ’50-‘80. Solo di recente si è compiuta una riqualificazione con estensione delle zone a prato e una diversa pedonalizzazione. Le foto attestano alcune fasi del 2002 e le campagne di scavo che si riaprirono nel 1982 proprio con l’arrivo di Maria Luisa Stoppioni in Soprintendenza.

*Le abbiamo chiesto di raccontarci alcuni momenti di quegli interventi e i principali ritrovamenti per una rilettura archeologica complessiva dell’area dell’Arco.

«Nel 1982, poche settimane dopo che era iniziato il mio lavoro presso la Soprintendenza Archeologica di Bologna, fui incaricata di eseguire alcuni controlli archeologici nel parcheggio a monte dell’Arco d’Augusto al fine di verificare le condizioni dei resti della grande domus scavata negli anni ’50 dal prof. Zuffa e dalla prof.ssa Riccioni. Non si doveva scavare, ma scorticare l’asfalto e controllare lo stato di conservazione delle strutture antiche e il loro ”ingombro” nello spazio del parcheggio prima di un nuovo progetto che avrebbe dovuto ridisegnare quell’area, nel rispetto delle insistenze archeologiche.

In realtà, la domus occupava prevalentemente il terreno giacente sotto l’attuale strada urbana e si allungava verso il marciapiede e il palazzo delle Poste, per cui la porzione sotto il parcheggio era ridotta; quei controlli chiarirono anche che al momento della costruzione della casa era stata lasciata un’ampia fascia di rispetto verso le mura, funzionale ad eventuali necessità di difesa e alle manovre in caso di azioni belliche.

Pochi anni dopo, nel 1986 e ancora nel 1987, furono ripresi i lavori: non più limitati al controllo, ma accompagnati da sondaggi in profondità tesi a verificare cronologie e fasi d’uso all’interno degli spazi domestici, sulle mura e questa volta in parte estesi anche al piazzale a mare. La costruzione del grande complesso residenziale a monte dell’Arco avvenne in due fasi, la più importante delle quali si data tra la fine del I e gli inizi del II sec. d.C.

Dell’antica domus, sebbene non interamente scavata, sono stati rinvenuti alcuni ambienti di servizio con pavimenti in mattonelle laterizie, importanti stanze di rappresentanza con pavimentazioni in mosaico e in opus sectile; piccoli cortili interni e lunghi e stretti spazi di disimpegno e di circolazione interna, utilizzati anche per contenere gli sbalzi della temperatura, secondo una tendenza diffusa nell’Italia settentrionale e ricorrente nelle case riminesi di età romana. Lo scavo del 1987 ha tra gli altri portato in luce il vano con il mosaico degli scudi, che era stato in buona parte strappato e trasferito in museo in occasione dell’intervento Zuffa-Riccioni: una porzione era inaspettatamente ancora sotto la strada, come la grande stanza (circa 60 mq) in lastre di marmo rettangolari che continuò ad essere utilizzata a lungo, tanto che mattonelle di ardesia avevano progressivamente sostituito quelle in marmo bianco, in gran parte saltate per il lungo e mai interrotto utilizzo fino alla tarda, avanzata antichità.

(*prima parte)

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ESPLORANDO SOTTO I GIARDINI DELL’ARCO D’AUGUSTO
L’archeologa Maria Luisa Stoppioni ci accompagna nuovamente alla scoperta dell’area che circonda l’Arco.
Il resoconto è quello dello scavo del 1987 che ha messo in luce importanti ritrovamenti e aperto la strada a ipotesi interessanti. Dalla cinta muraria rinforzata da torrioni difensivi alla scoperta di un deposito (ossa di animale e monete) che ci riporta probabilmente al rito di fondazione della struttura. E poi ancora, impianti termali e domus che testimoniano come era l’abitato in età imperiale. Ci accompagnano immagini di lacerti pavimentali con bellissimi mosaici che si possono vedere al Museo della Città, sezione archeologica.
📍Ecco il suo racconto: «L’intervento più interessante è stato quello effettuato su una breve porzione di cinta muraria, ancora sul lato a monte dell’Arco. Gli scavi hanno permesso di accertare la larghezza rilevante delle fondazioni nella parte basale (2,60 – 2,80 metri), l’ampio terrapieno di argilla di riporto pressata che rafforzava le mura sul lato interno, verso la città, e l’esistenza di torrioni difensivi anche lungo la cortina e non solo ai lati delle porte.
📍Proprio nell’angolo tra uno di questi torrioni e le mura, in uno strato di colmatura degli scassi di fondazione, venne rinvenuto un deposito di straordinario interesse: fu scoperto infatti lo scheletro di un cane di media taglia (di cui restava circa la metà) e tre piccole monete bronzee: una semuncia dell’aes grave di Rimini con testa di Gallo e due bronzetti della serie coniata di Ariminum.
Questa deposizione, alla luce degli studi e delle ricerche più recenti, è certamente intenzionale: l’emissione dell’aes grave si colloca entro il primo trentennio del III sec. a.C. e la serie coniata è ormai concordemente attribuita al momento della fondazione coloniaria di Ariminum, nel 268 a.C.
Le monete, la loro omogeneità, la datazione offrono un saldo aggancio all’ipotesi che la cinta difensiva sia stata costruita contestualmente o in anni immediatamente successivi alla fondazione della colonia; il tipo di deposito, poi, sulla scorta di altri analoghi rinvenimenti e delle fonti documentarie, ne suggerisce oltre che l’intenzionalità, la valenza cultuale: era probabilmente un deposito votivo sepolto al momento della costruzione della cinta muraria, offerto per propiziare le divinità e dare alle mura una sorta di protezione e un carattere di inviolabilità. Il rinvenimento risolse tra l’altro alcune questioni di carattere numismatico circa la pertinenza delle emissioni e il rapporto con la nuova colonia.
📍Nel piazzale a mare, dove i controlli sono stati molto più ridotti e puntiformi, le strutture hanno confermato la presenza di un impianto termale, presumibilmente pubblico, e un diverso rapporto con le mura, confermando contestualmente la storicità di alcuni dati.
Una piccola vasca, forse una piscina di modeste dimensioni, si appoggiava alle mura, tanto che un tratto della cinta fungeva da muro perimetrale della piscina stessa: la datazione dell’impianto tra I e II sec. d.C. e queste caratteristiche strutturali confermano l’ampio periodo di pace che la città di Rimini conobbe a partire dall’età augustea, così lungo che le mura avevano perduto la loro funzione difensiva.
📍Anche il complesso termale ebbe una vita prolungata: il mosaico che ornava la soglia di uno degli ambienti aveva subito risarciture che paiono coerenti con una datazione avanzata; su questo lato del parcheggio, tuttavia, lo stato di conservazione dei resti appariva molto più compromesso anche per una più fitta urbanizzazione, e non sono ancora chiare eventuali trasformazioni del complesso nel corso del tempo, ipotizzabili vista la continuità dell’impianto. Gli ultimi interventi nell’area risalgono al 2002 quando, all’interno di un progetto di riqualificazione e di valorizzazione dell’Arco di Augusto e dell’area su cui esso insiste, vennero compiuti altri scorticamenti e controlli che hanno ulteriormente evidenziato la necessità di indagini estese e più approfondite nel piazzale a mare.
📍La scelta attuale è stata quella di una copertura dell’intera area, a mare e a monte, con un manto erboso che garantisca la conservazione delle residue strutture archeologiche. La siepe che fiancheggia l’Arco ai due lati intende suggerire la linea delle mura sottostanti».

Intervista di Annamaria Bernucci